Interruzione terapeutica di gravidanza: intervista a Simona Sparaco

by Claudia Ravaldi
Simona Sparaco
Simona Sparaco

Dare voce al lutto.
Sintonizzarsi sul dolore della perdita, mettersi in ascolto, al di là di ogni barriera (linguistica, cognitiva, ideologica, religiosa, politica, sociale).
Condividere le esperienze, e trarne saperi, parole che curano e lenire le ferite. Rispettare, rispettar-si, ed attraversare la palude in cui le donne, le coppie, i genitori che perdono i figli sono costretti a nuotare. Per molti mesi, per anni, anche contro la loro volontà.

Il lutto non offre alternative. O lo si attraversa, o siamo costretti ad abitarlo a tempo indeterminato.
Tra i lutti che si intrecciano alla maternità, alcuni sono più subdoli di altri.
Tra questi, l’infertilità (di cui parleremo in questo blog tra qualche settimana), e l’interruzione di gravidanza per patologia del bambino.
Da pochi giorni è uscito in Italia “Nessuno sa di noi”, romanzo di Simona Sparaco per Giunti.
Questo romanzo dà voce a migliaia di coppie, attanagliate dal lutto sordo e rinnegato dell’interruzione terapeutica di gravidanza.
Claudia Ravaldi, medico psicoterapeuta e psichiatra, fondatrice e presidente di CiaoLapo Onlus, ha intervistato Simona ponendole alcune domande, dopo avere letto, ascoltato, sentito, vissuto ogni riga del romanzo.

Simona Sparaco

Ciao Simona, come è stato scrivere “Nessuno sa di noi”? Come è avvenuta la scelta di questo titolo?

Ho scritto Nessuno sa di noi perché volevo dare voce a una realtà sconosciuta, a un dramma che coinvolge moltissime persone ma di cui non c’è mai stata una rappresentazione, nè letteraria né cinematografica. E’ stato un percorso molto doloroso che ha cambiato il mio rapporto con la scrittura. Se nei miei romanzi precedenti l’impianto narrativo era più importante, in quest’opera è la lingua ad essere in primo piano. Per raccontare l’indicibile e attraversare l’intimità di Luce e Pietro, ho dovuto avvalermi di una lingua più attenta, ricercata, evocativa. Poetica.
Nessuno sa di noi è un viaggio interiore, il cui titolo rispecchia l’ineffabilità di certe sensazioni. Può riferirsi a quei bambini di cui nessuno sa e che non hanno mai aperto i loro occhi al mondo, ma anche al dolore che coinvolge chi si trova di fronte a certi drammatici bivi.

Nel libro vengono descritte con grande accuratezza e sensibilità le differenze nel lutto dei padri e delle madri: quale messaggio vorresti dare alle coppie che ti leggono?

Pietro è un personaggio meraviglioso, risoluto ma anche fragile, attento, equilibrato, sensibile. Un uomo molto innamorato. E’ l’uomo che qualunque donna vorrebbe ritrovarsi accanto in una situazione del genere. I tempi e le modalità del lutto sono necessariamente diversi all’interno della coppia. I padri sono coinvolti, ma non quanto le madri. E’ anche vero però che esistono uomini più e meno sensibili. Io credo che sia la sensibilità a fare la differenza, non tanto l’essere uomo o donna. In ogni caso l’interruzione terapeutica è come una tempesta in grado spazzare via tutto quello che una coppia negli anni ha costruito. Credo che l’impatto distruttivo sia pressoché inevitabile. Per questo, proprio come le vittime di una tempesta, bisogna tenersi ben saldi, stringersi più forte di quanto si farebbe di fronte a qualsiasi crisi, se si vuole restare uniti.

Cosa è oggi per una donna in Italia il percorso verso l’interruzione di gravidanza?

Se parliamo di interruzione terapeutica o eugenetica, purtroppo c’è molta ignoranza sull’argomento. Motivo per cui quando ci si ritrova in una situazione del genere non si ha la benché minima idea di cosa fare.

La Francia è uno di quei paesi dove il limite per l’interruzione è stabilito in base alla gravità della patologia di cui è affetto il feto. All’estero in generale c’è la tendenza è valutare caso per caso. Porre dei limiti puramente temporali è molto limitante, riduttivo, inevitabilmente contraddittorio. Per fortuna la scienza diagnostica sta facendo passi da gigante, e scoprire patologie tardive sarà sempre più raro. Quello che però resta a chi rientra nei limiti della legge italiana, è un paese sostanzialmente inadeguato e bigotto, capace anche di non fornire un’adeguata assistenza per colpa di un pregiudizio. L’ironia della sorte è che le indagini invasive come l’amniocentesi riguardano ormai un numero sempre più crescente di persone, lo Stato addirittura la paga a chi ha superato la soglia del trentacinque anni, eppure, di fronte alla scure di una diagnosi devastante, c’è la totale paralisi, anche da parte dei medici, che difficilmente consigliano il paziente sul da farsi. Per non parlare del numero sempre più ridotto dei non obiettori di coscienza. Ma questa è un’altra storia.

Quali sono i tabù che “Nessuno sa di noi” vuole abbattere?

Se vogliamo definirci un paese civile, dobbiamo quantomeno avere il coraggio di guardare certe realtà che, per quanto scomode, esistono. Il fatto di ignorarle non aiuta a farle scomparire. Dovremmo essere capaci di interrogarci più serenamente su quello che si può o non si può fare quando si affrontano temi delicati come questi. L’aver puntato un piccolo riflettore laddove c’era solo il buio più cupo è un triste primato di cui “Nessuno sa di noi” purtroppo si prende il merito.

 

Se desideri, puoi leggere sul nostro blog anche questo articolo scritto da una delle nostre mamme.

Se sei un genitore, hai affrontato o stai affrontando questo lutto, puoi consultare il nostro forum e partecipare alle nostre attività di autoaiuto; se sei un genitore colpito da diagnosi di patologia del tuo bambino, ed hai deciso di portare avanti la gravidanza, puoi ricevere il sostegno delle mamme che come te, hanno svolto questo percorso.

CiaoLapo pone al centro “quello che ancora si può fare”, per te, per la tua famiglia, per salutare o ricordare il tuo bambino, nel pieno rispetto di ogni decisione e scelta consapevole.

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