Alimentiamoci con cura

by Claudia Ravaldi

Cosa significa avere una sana alimentazione? Ne parliamo con la dott.ssa Miriam Levi, medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva

Mantenere una sana alimentazione è importante in tutti i momenti della vita, ma in modo particolare durante la gravidanza.  Le scelte alimentari in questo periodo si riflettono infatti non solo sulla salute della donna, ma anche su quella del nascituro, con conseguenze anche a lungo termine. 

Spesso si sente dire che la donna deve “mangiare per due”, ovvero in quantità doppia rispetto al solito, ma non c’è niente di più inesatto. A partire dal terzo mese in poi, infatti la richiesta supplementare di energia è solo di 200-300 Kcal circa al giorno [1].

Secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), una dieta sana è una dieta basata prevalentemente su alimenti di origine vegetale, quindi ortaggi e frutta (possibilmente di stagione, e “a km 0”, più nutriente ed economica), pane, pasta, cereali, legumi, patate, ma che però comprenda anche, in porzioni quantitativamente inferiori, latte, formaggi, yogurt, pesce e carne magra. Noi Italiani siamo avvantaggiati da questo punto di vista: seguire le raccomandazioni OMS coincide in larga parte con l’adottare una dieta mediterranea, la cui efficacia nella prevenzione delle malattie cronico-degenerative è stata più volte messa in luce dai risultati di numerosi e autorevoli studi scientifici (non a caso la dieta mediterranea è inscritta, dal 2013, nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’UNESCO).

Per la prima volta in Svezia nel 1974, alcuni ricercatori, suddividendo gli alimenti in gruppi specifici, offrirono una rappresentazione grafica di una corretta alimentazione, mediante la cosiddetta piramide alimentare. Nella Piramide, suddivisa in vari livelli, sono infatti mostrate le proporzioni dei cibi da consumare per restare in salute: alla base della Piramide, al livello più basso, sono rappresentati i cibi da consumare più spesso; ai livelli superiori sono indicati quelli da consumare progressivamente con minore frequenza. Molti Paesi, da allora, hanno costruito la propria piramide alimentare, basata sulle specifiche tradizioni culinarie. In Figura 1 è rappresentata la piramide della dieta mediterranea, secondo la quale:

  • Ogni settimana bisognerebbe consumare almeno 2 porzioni di pesce, 2 porzioni di carne bianca, non più di una porzione di carne rossa, 2-4 uova, 2 o più porzioni di legumi.
  • Ogni giorno vanno consumate 2 porzioni di latticini, 1-2 porzioni di noci/olive/semi.
  • Ad ogni pasto non dovrebbero mancare pane/pasta/couscous o altri cereali, preferibilmente integrali, almeno 2 porzioni di verdure, olio extravergine di oliva per condire e la frutta

Al sito web http://www.piramideitaliana.it/ è disponibile la piramide alimentare italiana. Per aiutare il consumatore a fare scelte consapevoli in ambito nutrizionistico sono state realizzate anche versioni adattate al contesto locale e versioni in cui, all’opposto, la dieta mediterranea si integra con altre culture e tradizioni culinarie. In Toscana, ad esempio, l’Agenzia Regionale di Sanità ha elaborato la Piramide Alimentare Toscana: dei circa 70 cibi elencati, 65 appartengono alla tradizione toscana. La Società italiana di Pediatria ha invece messo a punto la Piramide Alimentare Transculturale, sempre ispirata ai principi della dieta mediterranea, ma in cui compaiono anche prodotti delle tradizioni alimentari di altri Paesi, pensata per unire culture e sapori attraverso il cibo.

In ognuna di queste piramidi alimentari, frutta e verdura si trovano sempre al livello più basso, quello destinato agli alimenti da consumare con maggiore frequenza (almeno 5 porzioni ogni giorno); cereali e derivati e olio extravergine di oliva ( fonte di grassi monoinsaturi) sono al secondo livello; seguono legumi, frutta secca, latte e yogurt al terzo; pesce e pollame al quarto; formaggi, uova e patate al quinto; infine carni rosse, salumi e dolciumi agli ultimi livelli (se ne dovrebbero consumare meno di due porzioni a settimana). Inoltre si consiglia di moderare il consumo di sale, svolgere regolare attività fisica e conseguire adeguate ore di riposo.

Informazioni specifiche sulla dieta da seguire in gravidanza sono fornite nel capitolo 9 delle “ Linee guida per una sana alimentazione” dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti (INRAN). In particolare, alle gestanti si raccomanda di 1) evitare aumenti eccessivi di peso e di far fronte agli aumentati fabbisogni in proteine, calcio, ferro, folati e acqua consumando abitualmente un’ampia varietà di ortaggi e frutta, pesce, carni magre, uova, latte e derivati; 2) non consumare cibi di origine animale crudi o poco cotti e 3) non assumere bevande alcoliche. La raccomandazione per le donne in età fertile è di assumere un’adeguata quantità di folati (400 microgrammi al giorno a partire da almeno un mese prima del concepimento e per i primi tre mesi della gravidanza), al fine di ridurre il rischio di alterazioni del tubo neurale nel feto. Alimenti ricchi in folati sono ad esempio verdure come broccoli, spinaci, insalata verde, cereali. Un’alimentazione variata, ricca di acqua (almeno 2 litri al giorno), vegetali freschi, pesce, latte e derivati è raccomandata anche durante l’allattamento, durante il quale è bene inoltre evitare le bevande alcoliche e limitare il consumo di prodotti contenenti sostanze stimolanti, come il caffè.

Tutte le linee guida consigliano inoltre di limitare il consumo dei carboidrati semplici (ossia gli zuccheri), che comprendono i monosaccaridi (glucosio e fruttosio) e i disaccaridi, quali il saccarosio (comunemente chiamato zucchero, composto da una molecola di glucosio e da una molecola di fruttosio), il maltosio (composto da due molecole di glucosio) e il lattosio (una molecola di glucosio e una di galattosio). Gli zuccheri si ritrovano nei dolci, nel gelato, nelle bevande, nelle marmellate, nei succhi di frutta, nello yogurt, nel miele. Ma sono impiegati anche in cibi “insospettabili”, ad esempio nell’aceto balsamico, nei sughi pronti, e talvolta negli insaccati, per aumentarne la gradevolezza. Dal punto di vista energetico, 100 grammi di zucchero forniscono 392 kcal, ovvero un apporto calorico notevole, ma caratterizzato da uno scarso valore nutritivo. Il carico energetico totale equivale alla somma delle calorie derivate dai cibi e dalle bevande. L’energia deriva dai macronutrienti: lipidi (9 Kcal per grammo), carboidrati (4 Kcal per grammo), proteine (4 Kcal per grammo) ed etanolo (7 Kcal per grammo). Le raccomandazioni dell’OMS circa l’apporto di zuccheri, indirizzate alla popolazione generale, sia in età adulta che nell’infanzia, sono di ridurre il consumo di zuccheri a meno del 10% del carico energetico giornaliero totale, anche se i risultati di alcuni studi porterebbero a raccomandare un’ulteriore riduzione a livelli inferiori al 5%. In gravidanza, in particolare, gli zuccheri semplici devono essere banditi, e sono da privilegiare i carboidrati complessi (pasta e pane, possibilmente integrali). Gli sbalzi glicemici che si creano quando si consumano dolci predispongono infatti la madre al diabete gestazionale e possono alterare la crescita fetale, la quantità di liquido amniotico, e favorire lo sviluppo di diabete tipo 2, sia della madre che del nascituro In generale, inoltre, l’ambiente prenatale influenza la salute del nascituro in epoche successive. D’altra parte i risultati di molti studi mettono in evidenza come le basi per molte patologie croniche dell’età adulta (ad esempio: diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari, tumori) siano poste già nella vita fetale [2]. Allora risulta quanto mai importante leggere con attenzione le etichette degli alimenti, tenendo a mente le regole stilate alcuni anni fa dal giornalista e saggista Michael Pollan, pubblicate in parte sul New York Times [3] e su Time Magazine[4]:

  1. Non mangiare cose che la tua bisnonna non riconoscerebbe come cibo
  2. Evita i cibi che contengono zuccheri (evita calorie vuote dal punto di vista nutrizionale)
  3. Stai alla larga dai prodotti con proclami salutistici sulle etichette. Ѐ probabile siano cibi altamente processati e gli effetti benefici ipotizzati sono per lo più dubbi (es.: la margarina nel passato passata per alimento più salutare del burro, sappiamo invece oggi essere più dannosa del burro)
  4. Non mangiare niente che sia composto da più di cinque ingredienti, o che contenga ingredienti dal nome impronunciabile (indicano cibi altamente processati)
  5. Stai alla larga dai supermercati per quanto possibile e fai la spesa al mercato: dove non troverai cibi altamente processati, ma alimenti freschi con il più alto valore nutrizionale, esattamente il tipo di alimenti che la tua bisnonna avrebbe riconosciuto come cibo
  6. Paga di più e mangia di meno (più alta la qualità degli alimenti, maggiore il valore nutrizionale: avvertirai prima il senso di sazietà)
  7. Riduci la carne, e mangia soprattutto vegetali*
  8. Non ti preparare porzioni eccessive, non fare il bis e mangia con gusto, possibilmente in buona compagnia, lasciandoti guidare dalla cultura e non dalla scienza
  9. Cucina tu stesso i piatti che mangi, ti aiuterà a mangiare bene
  10. Mangia come un onnivoro e fai attenzione alla biodiversità
  11. Smetti di mangiare quando sei sazio all’80%, per dare così modo al tuo cervello, che “viaggia” con 20 minuti di ritardo rispetto allo stomaco, di capire che sei sazio.
  12. Come mangi è importante tanto quanto cosa mangi. Quando mangi rilassati, e assapora i cibi.

 

Figura 1 La piramide alimentare basata sulla dieta mediterranea[5].

 

Informazioni sull’autrice. Miriam Levi – medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva
Nata a Firenze nel 1978, dopo la laurea in Medicina e Chirurgia nel 2005, consegue laspecializzazione in Igiene e Medicina Preventiva nel 2009. Durante la specializzazione svolge un periodo di tre mesi di tirocinio presso l’Ufficio Regionale Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a Copenaghen.
Dal 2010 entra a far parte del gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Paolo Bonanni presso il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Firenze e si occupa dell’epidemiologia e della prevenzione delle malattie prevenibili mediante vaccinazione. Contemporaneamente è stata collaboratrice a progetto presso il Centro Regionale di Riferimento per gli infortuni e le Malattie Professionali (CeRIMP).
Attualmente sta concludendo il Dottorato di Ricerca in Scienze Biomediche dell’Età Evolutiva presso l’Università degli Studi di Firenze, dove ha anche un assegno di ricerca per un progetto sull’importanza della comunicazione sulle vaccinazioni, e collabora a progetto con Genomedics srl alla conduzione di ricerche di epidemiologia clinica.
E’ autrice di oltre 30 pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali e ha collaborato alla stesura di alcuni capitoli di manuali di Sanità Pubblica.



[1] World Health Organization – Regional Office for Europe Nutrition and Food Security. Healthy Eating during Pregnancy and Breastfeeding http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0020/120296/E73182.pdf

[2] Skogen JC, Overland S.The fetal origins of adult disease: a narrative review of the epidemiological literature. JRSM Short Rep. 2012 Aug;3(8):59 ( http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3434434/).

[4] http://michaelpollan.com/articles-archive/six-rules-for-eating-wisely/

* Questo punto è tanto più importante se si considera che l’eccessivo consumo di carne non danneggia soltanto la salute degli esseri umani, ma anche l’ambiente e l’economia quasi l’80% delle risorse agricole è utilizzato per

nutrire gli animali da allevamento, secondo la FAO

[5] Bach-Faig A1, Berry EM, Lairon D, Reguant J, Trichopoulou A, Dernini S, Medina FX, Battino M, Belahsen R, Miranda G, Serra-Majem L; Mediterranean Diet Foundation Expert Group. Mediterranean diet pyramid today. Science and cultural updates. Public Health Nutr. 2011 Dec;14(12A):2274-84. http://www.ciiscam.org/files/download/pubblicazioni/phn%20new%20md%20pyramid.pdf

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