Chiuso per lutto

by Claudia Ravaldi

Michele ha 40 anni, un bar e un bambino in arrivo.

Michele aspetta, e lavora.

Intorno a lui, come fosse una febbre, tutti aspettano. Chiedono quanto manca. Chiedono quando è prevista la nascita. Promettono di offrire da bere, ma solo se Matteo avrà gli occhi di Laura, sua madre, “che i tuoi sono color topo“, dice sornione Alberto, compagno di scuola e di vita.

 

Aspetta, Michele, e sogna, come alla moviola, il giorno che incrocerà lo sguardo, speriamo verde, e non grigio topo, di Matteo. Cosa dirà. I baci che darà a Laura, pieni di gratitudine e di amore. Le mille foto che scatterà, per essere sicuro di non dimenticare nulla di quel momento.

Aspetta, e già lo vede, l’ovetto sul bancone, le clienti sciogliersi in gridolini di gioia, i clienti in congratulazioni, le comari in consigli non richiesti.

E’ notte, Michele torna a casa, ha fatto chiusura, è esausto. Si sta portando avanti con le ore, per stare più tempo con Laura e Matteo, appena nascerà.

Tutto calcolato. 

Rientra, trova Laura sul divano, sveglia. La abbraccia, fa per poggiare una mano sulla pancia, ma Laura si ritrae, di scatto.

“Mi sento strana.”, mormora. La voce come se arrivasse da un altro mondo. Lo sguardo perso di chi ha paura, ma non sa dire di cosa.

“Andiamo in ospedale” Michele scatta in piedi, allerta.

“Ma hanno detto al corso preparto di non agitarsi senza motivo” di nuovo Laura, di nuovo da un altro mondo. “Forse sono solo esagerata”.

Michele sente una stretta appena sotto la gola. 

E’ arrivata la paura. In doppia razione.

Paura per Matteo (perfavorenonfarciquesto), paura per Laura (perfavorenonandarteneanchetu).

Una paura dentro un’altra paura, la smania di reagire, contrastare, risolvere questo incubo.

Si incamminano, così come sono. Già persi in quell’abisso che li spaventa, e che non sanno nominare.

Sarà compito del medico di turno, dare un nome all’abisso.

Dovrà guardare la pancia, dovrà guardare prima lei e poi lui, dovrà pronunciare quella frase, che vorrebbe non dover dire mai.

Nemmeno per finta, nemmeno durante una simulata.

Michele dovrà sentire il rumore delle parole-proiettili, che infrangono il suo sogno e il suo futuro.

Laura dovrà tirare fuori l’istinto ancestrale delle madri e partorire Matteo, e riconoscerlo, e salutarlo. 

Le viene in mente una frase che ha letto non sa più dove. Le era sembrata assurda, all’epoca.

“È sempre dura, quando muore una persona, in qualunque circostanza. Si apre un buco nel mondo. E noi dobbiamo celebrare questo lutto. Altrimenti il buco non si chiuderà piú.” HARUKI MURAKAMI

“Celebrare il lutto – aveva pensato, allora – Che assurdità.”

Michele e Laura aspettavano Matteo. Lo aspettano ancora, che deve ancora nascere. Lo aspetteranno ancora, un pò dopo il parto. Forse non smetteranno mai di aspettare, nessuno può saperlo oggi.

“Amore” – Laura guarda Michele, il medico di guardia ha parlato, l’abisso si è aperto – dobbiamo dirlo agli altri. Siamo chiusi per lutto”.

 

 

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