Cronache di un lutto “sbagliato”

by Claudia Ravaldi

Quello dei genitori di bambini morti durante la gravidanza o il parto è un lutto molto speciale: un lutto che sembra non avere il diritto di esistere.

Non deve esistere per il personale sanitario, che spesso vede nella morte un importuno richiamo alla propria fallibilità, uno sgradevole scacco alla propria capacità professionale. Nella morte in genere, figuriamoci poi nella morte che avviene nel corso di un evento che dovrebbe essere fisiologico, che dovrebbe – almeno questo! – non porre troppi problemi al medico.

 

Leggiamo ancora troppo spesso racconti di ginecologi che si dileguano, che rimproverano, che minimizzano, che danno consigli superficiali e inutili: “Non si preoccupi signora, potrà avere un altro bambino anche subito!” 

O di ostetriche infastidite e brutali, come quella che assiste – si fa per dire – la mamma disperata del piccolo Alberto, in “La tua culla è il mio cuore”:

è dilatata di circa 1 cm… se andiamo avanti così partorisce fra una settimana! […] senta, smetta un po’ di piangere, che devo chiederle una cosa…. dopo che il piccolo sarà….. uscito… si insomma, dopo l’espulsione, cosa vuole che ne facciamo del cadavere??? Lo deve seppellire o lo possiamo buttare coi rifiuti ospedalieri???

 Anche senza arrivare a questi limiti, spesso la risposta alle domande angosciate dei genitori (Perché? Perché a noi? E le prossime gravidanze? E’ colpa nostra? Cosa avremmo potuto fare?) è “Succede”.  Come se si trattasse di un evento comune ma inspiegabile, da archiviare il più in fretta possibile. Niente dolore, niente lutto.

Un lutto che non deve esistere nemmeno per la gente comune, per amici e parenti dei genitori, che appaiono, a seconda dei casi, imbarazzati, stupiti, irritati… come davanti a un sentimento inopportuno ed esagerato.

Il fatto è che la morte di un figlio è un evento innaturale e drammatico, un dolore inimmaginabile, terrorizzante.

Quindi, molto meglio pensare che questa non è come la morte di un figlio “vero”, e comportarsi di conseguenza. Per esempio dicendo frasi come queste, tutte rigorosamente autentiche:

“Ma sì dai, ne farete degli altri”

“Pensa se ti succedeva più avanti!”

“Ma stai ancora male? Sono già tre mesi…”

“La prossima volta fai due gemelli, così recuperi..!”

“La prossima volta ne farete un altro più bello!”

“Bè, non era ancora proprio un bambino…”

“Scusa se non ti vengo a trovare, ma sono incinta e non mi voglio intristire”

“Ma gli fanno anche il funerale?!”

 

A nessuno, io credo, verrebbe in mente di dire cose del genere a una coppia che ha perso un figlio, se si trattasse di un bambino più grande, o di un adolescente. Ma i “bambini nati in silenzio”, come il piccolo Ettore della prima testimonianza, sembra siano figli solo per i loro genitori.

Riuscite ad immaginare una solitudine peggiore di questa? Piangere un figlio con la sensazione di fare qualcosa di sbagliato, sentirsi in colpa per il proprio dolore? Come se non bastassero gli altri sensi di colpa, quelli che ogni genitore ha quando succede qualcosa al suo piccolo. Sarà successo perché non me ne sono accorta in tempo, perché ho bevuto caffè, perché non l’ho bevuto, perché ho fatto le pulizie, perché ho mangiato una caramella… anche questi, tutti rigorosamente autentici, tratti dalle lettere che nel corso di tre anni di collaborazione ho ricevuto dalle mamme – e anche da qualche papà – di CiaoLapo.

CiaoLapo è la prima iniziativa italiana che mira innanzi tutto a dare un sollievo a questa solitudine, attraverso l’auto-mutuo aiuto, cioè lo scambio di esperienze fra persone che hanno attraversato la stessa drammatica esperienza. Ma è anche diventato un centro propulsore di iniziative di formazione e di ricerca e un punto di coordinamento di iniziative simili che, senza fondi e senza pubblicità, operano sul nostro territorio: basti ricordare tra le tante realtà l’ospedale di Como e quello di Lamezia Terme, dove sono in atto programmi di sostegno alla gravidanza e al parto che comprendono anche una prima accoglienza e un eventuale trattamento del lutto perinatale.

CiaoLapo però è anche molto di più: è la prova vivente che i bambini che nascono in silenzio, i bambini-meteora che illuminano il cielo delle loro mamme e dei loro papà per un tempo troppo breve, sono comunque dei frutti preziosi.

Lapo Vannacci, nato e morto in un giorno di marzo di tre anni fa, ha permesso ai suoi genitori di dare una casa a un dolore che non ne aveva, al lutto “sbagliato” di tante mamme e tanti papà.

 

Sicuramente troppi. Perché va detto che il lutto perinatale si può prevenire, oltre che curare: innanzi tutto con una miglior conoscenza delle cause che provocano la morte. Ma questo è un altro discorso.

 

Chi leggerà uno dei libri pubblicati da CiaoLapo con le testimonianze di centinaia di genitori spero lo faccia con attenzione e rispetto.

Io credo allora che mai più potrà dubitare del fatto che il lutto perinatale sia il lutto per la morte di un figlio: piccolo come un chicco di riso o già pronto per la vita, ma sempre e comunque un figlio, unico e insostituibile, come tutti noi.

 

Carla Maria Xella, psicologa, psicodiagnosta e psicoterapeuta, supervisore e facilitatore EMDR, ha scritto questo testo nel 2008 per presentare La tua culla è il mio cuore, il primo libro pubblicato in Italia scritto da genitori durante il loro percorso di lutto perinatale.

Dal 2006 la dott.ssa Xella affianca CiaoLapo ed è accanto ai genitori in lutto grazie alle sue risposte nella sezione di psicologia del forum e grazie al suo lavoro come terapeuta a Roma.

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