Il mare di ghiaccio

by Claudia Ravaldi

Vivere la perdita di un figlio, sopravvivendogli in maniera del tutto innaturale, ha radicalmente modificato il mio modo di essere, di pensare, di pormi verso gli altri.

Qualcuno mi ha detto che questa esperienza in qualche modo arricchisce l’anima e ho capito che è effettivamente così, che la breve vita di mio figlio non è stata inutile ma ha portato con sé gioia e felicità, anche se indubbiamente mi ha lasciato tanto dolore e tanta tristezza. Nulla avviene per caso? questo dovrei pensare? ma non è facile continuare a vivere non trovando una spiegazione non dico “logica” ma almeno accettabile per la morte di un bambino ancora in grembo. Mi sono sforzata di cercarla questa spiegazione, ce l’ho messa proprio tutta, ma non sono arrivata da nessuna parte, non ho trovato nulla che potesse aiutarmi a capire. Allora che fare? L’unica cosa è stata accettare quello che è successo come una tragica fatalità, qualcosa che non poteva essere prevista e quindi arginata. Non è una grande consolazione certo, ma in qualche modo devo continuare a vivere e non posso farlo se non accetto quello che mi è accaduto, se non riesco a percorrere con la maggior serenità possibile il sentiero della “elaborazione del lutto”, termine che sino a pochi mesi fa neppure sapevo esistesse…Ma credo di essere sulla buona strada, sento di aver superato la fase più buia, quella in cui tutto appare nero, in cui il dolore, a volte anche fisico, sovrasta ogni altro sentimento, in cui un futuro non sembra neppure possibile e la vita di ogni giorno risulta meccanica e priva di ogni significato. Sì, credo di potercela fare e questo è stato possibile anche grazie all’aiuto di altri genitori come me, che sanno cosa voglia dire vivere con un tale peso sul cuore, che coraggiosamente vanno avanti, non rinunciando a ritrovare la gioia della vita, affrontando un giorno alla volta, senza fretta, con tanti timori ma anche con tanta speranza nel cuore. E quindi grazie a tutti voi “genitori speciali”, grazie per avermi accolto e avermi fatta sentire “a casa”, tra persone che non hanno bisogno di alcuna spiegazione per capire come mi sento, sia quando sono serena sia, soprattutto, quando sono triste e malinconica.

LA MIA STORIA, 7 gennaio 2007

Quella domenica non mi sembrava diversa dalle altre, ero solo molto stanca ma ormai ero entrata nella 39° settimana di gravidanza e un po’ di stanchezza era normale. Dopo pranzo però ho notato che non avevo sentito il mio bambino, forse dalla mattina…mi sono detta che dormiva, come del resto avevo fatto io sino a  poco prima e come ho fatto dopo aver pranzato….

 …..al mio risveglio continuo a non sentirlo, mi do dei colpetti alla pancia ma non ottengo alcuna reazione….a quel punto decido di andare in ospedale per un controllo. Mio marito carica in macchina anche la borsa con il necessario per me e per il bambino “Non si sa mai…” mi dice. Lungo il tragitto inizio ad essere veramente preoccupata, ricordo che ad un certo punto ho anche pensato che lui non c’era più…un pensiero fugace, che ho rapidamente scacciato, ma che mi ha lasciato molto agitata. In ospedale la caposala mi manda subito dalla dottoressa che si prepara per farmi l’ecografia…inizia, non mi dice nulla, “come sta il bambino?” mi chiedo ma non riesco a farle la domanda, arriva mio marito e finalmente la dottoressa ci dice “C’è un problema…vedete, questo è il cuore…” e mio marito, guardando il monitor, termina la frase per lei “Non batte, è fermo…” lei annuisce…Io non capisco più nulla, inizio a piangere, abbraccio mio marito, “non può essere” gli dico “ieri l’ho sentito, stava bene, devo partorire tra una settimana, si stanno sbagliando”…. Mi alzo, mi rivesto, mi avvicino alla dottoressa che intanto sta scrivendo i miei dati, sono sconvolta, afferro la mano di mio marito e penso “voglio tornare a casa con il mio bambino, voglio solo andare via”….Sotto shock mio marito trova la forza di chiedere “E adesso?” io non capisco il senso della sua domanda, lo guardo allibita, “voglio andare via, ti prego torniamo a casa”…ma in realtà me ne sto lì in silenzio, senza dire neppure una parola. La dottoressa inizia a spiegarmi che posso scegliere tra il parto naturale o quello cesareo….a quel punto capisco che è solo l’inizio del nostro dolore, che dobbiamo prendere delle decisioni che non pensavamo mai di dover prendere. Ritrovo la voce, sono lucida anche se per poco tempo e chiedo il cesareo…non mi importa più di nulla, mio figlio è morto, voglio che tutto finisca presto. L’ostetrica, tenendomi quasi abbracciata a lei, mi accompagna nella mia stanza, lontana dalle partorienti e dal nido…una camera per me sola in cui mio marito potrà stare con me in questi terribili momenti. Poi è un vortice, un susseguirsi di eventi che mi sembrano svolgersi in pochi attimi ma che in realtà sono accaduti nell’arco di almeno tre ore. Un altro ginecologo ci spiega la procedura del parto cesareo, dicendosi d’accordo con me sulla scelta fatta, non sa ancora spiegarsi il perché della morte del nostro bambino e ci dice che spesso le cause restano sconosciute….Poi arrivano i parenti, i miei  genitori, i miei fratelli…se ne stanno lì con le lacrime trattenute a fatica, mi abbracciano sconvolti a loro volta, non sanno cosa dire, cosa fare, dove andare. Mio marito non so dov’è…deve essersi allontanato, forse con sua sorella, poverino anche lui è sconvolto, anche lui ha bisogno di un abbraccio. Mi devo preparare per il cesareo, saluto tutti e lascio che le infermiere si occupino di me, in attesa di entrare in sala parto…come è diverso da come me l’ero immaginato! Questo avrebbe dovuto essere il momento più bello di tutta la gravidanza, la conclusione di nove mesi stupendi, l’apice della gioia…invece è un dramma, il momento più terribile della mia vita, so che mio figlio è morto e capisco con assoluta chiarezza che una parte di me oggi è morta con lui. Mi sento come inebetita, quasi non mi rendo conto delle cose che accadono, so solo che il mio bambino non è più con me e questo mi stordisce la mente. Bacio mio marito, entro in sala operatoria, saluto i medici che mi aspettano, l’ostetrica e l’anestesista, poi dopo l’epidurale e un calmante, mi addormento, spengo il cervello….mio figlio nasce alle 22,50 e pesa 3,840 kg.

Sto per svegliarmi, ma non voglio, è così bello questo stato di sonno, non voglio svegliarmi….ma apro gli occhi e mio marito è lì, mi bacia e insieme all’infermiera mi riporta in camera. Nel corridoio, al buio vedo la sorella di mio marito che mi saluta e mi manda un bacio…cerca di non piangere, ma so che non c’è la fa più. Lei mi ha convinto a vedere mio figlio quando io avevo deciso il contrario, lei sforzandosi di non piangere mi ha tenuto la mano, dicendomi di riflettere bene perché quella era la mia unica occasione per averlo vicino…non le sarò mai grata abbastanza. Ha fatto per me una cosa grandissima perché nel momento di maggior stordimento e dolore ha trovato la via per parlare al mio cuore spezzato, con delicatezza e senza insistenza.

 

Non sento le gambe, ma in realtà mi sembra di non sentire più nulla, è terribile, so che mio figlio è nato, so che è morto…è così assurdo mettere insieme queste due parole di significato diametralmente opposto. Arriva uno dei medici che ha fatto nascere nostro figlio, e spiega a me e mio marito che la causa della morte è imputabile al doppio giro del cordone ombelicale, un evento raro ed imprevedibile…mi conforta dicendomi che io non ho alcuna colpa, che non avrei potuto far nulla per evitare che accadesse e che non devo assolutamente pensare il contrario…Non so quanto tempo passi prima che l’ostetrica mi porti il mio bambino, lavato e pulito, con indosso il vestitino che avevo scelto per lui, bianco ed azzurro…. “Ecco il vostro angioletto” ci dice. Oddio, è bellissimo, perfetto, la morte non lo ha cambiato come temevo e sembra che dorma; è moro, come me l’ero sempre immaginato, snello e non tondo come molti neonati e mi somiglia, la stessa bocca un po’ imbronciata, lo stesso mio naso…Lo voglio accanto a me, l’ostetrica me lo mette tra le braccia così posso toccarlo, accarezzarlo, baciarlo, prendergli la manina, parlargli …purtroppo per l’unica volta in vita mia. Mio marito è subito accanto a noi, lo bacia a sua volta, sorride e mi guarda, ma non piangiamo, non in questo momento, in questo momento siamo una famiglia che purtroppo ha subito la peggiore delle perdite, quella di un figlio… Lo salutiamo con un ultimo bacio prima che l’ostetrica lo porti via, al nido insieme agli altri bimbi, solo un po’ in disparte, perché lui è speciale, è un angelo, il nostro angelo.

Mi dicono che devo riposare, ma trascorro la notte piangendo, insonne nonostante il valium….la mattina arriva senza che me ne accorga e mia madre è lì alle 6.30, già con gli occhi gonfi come me del resto…Rimango in ospedale due giorni sottoposta a una cura antibiotica, mentre mio marito si occupa di nostro figlio (sceglie la bara, dove seppellirlo, il giorno del funerale…..) tenendomi sempre informata e chiedendo il mio parere, vuole sapere chi voglio che venga informato subito….poi conta nel passaparola. Arriva il momento di dimettermi, le ostetriche vengono a salutarmi, così pure i medici che mi hanno assistito in quei giorni, sono stati tutti molto gentili con me, qualcuno ha anche pianto…

 

Ritorno a casa ancora dolorante per il taglio cesareo, e tutto è come lo avevo lasciato solo due giorni prima…mi sembra così assurdo. Entro nella camera di mio figlio, mi guardo intorno e inizio a piangere, singhiozzando tocco le sue cose che sono ovunque…i peluches, i quadretti, la carrozzina, il diario… non ce la faccio, esco chiudo la porta della sua cameretta e mi stendo sul letto, lasciandomi andare ad un pianto convulso ed irrefrenabile…mi sembra che tutta la mia gravidanza sia stata una burla, che tutti quei mesi trascorsi pensando al futuro siano stati inutili, che non ne è valsa la pena. Piango, non riesco a fermarmi, mio marito mi abbraccia e finalmente insieme ci disperiamo per nostro figlio, per quel bambino che abbiamo tanto voluto e amato sin dal primo giorno. Domani metterò via le sue cose, ho già pensato dove e in che modo sistemarle….ma lo farò domani, oggi sono così stanca.

Dobbiamo pensare alla cerimonia funebre, devo scegliere il vestito per lui e decido per un completino azzurro regalatogli per Natale dai miei genitori; aggiungo anche il suo succhiotto, un bambolotto di pezza e una foto scattata solo poco tempo prima in cui siamo tutti e tre. Ogni oggetto ha un significato preciso, è in qualche modo il simbolo del nostro amore per lui, che, già lo so, non si potrà mai esaurire. Tra pochi giorni sarà celebrata la funzione funebre per salutarlo, per lasciarlo andare via per sempre. Non sono in grado di andare da lui per prepararlo, non voglio ricordarlo nella bara e so che se lo vedessi me lo ricorderei per sempre così, mentre io ho nel mio cuore la sua immagine della notte in cui è nato, tra le mie braccia. Così voglio ricordarlo, così rimarrà immutato nella mia mente. Ancora una volta la sorella di mio marito è lì, mi chiede se può pensarci lei; ne sono felice e sono sicura che farà tutto con amore, e sapere che lei sarà con mio figlio mi rincuora….Il giorno del funerale è difficile, devo separami da lui, non posso fare altro; non dico una sola preghiera, non ascolto ciò che dice il parroco perché nulla di ciò che verrà detto potrà dare un senso a tutto questo…decido all’istante che Dio non fa più parte della mia vita, non c’è più posto per Lui nel mio cuore. Non voglio croci, madonnine o altre immagini sacre sulla lapide di mio figlio, solo un angelo come lui, innocente e puro….ciao piccolo mio, è ora, devo lasciarti andare, addio.

 

Celebrato il rito funebre, inizia la parte più difficile in assoluto, cioè continuare a vivere senza di lui, senza averlo nel grembo o tra le mie braccia…almeno in ospedale sapevo che lui era lì con me, adesso so che l’ho perso per sempre, che non lo potrò mai più rivedere, non in questa vita. Il dolore che provo è indescrivibile, il senso di vuoto è insopportabile, mi fa male il petto, mi sembra di avere un peso sul cuore, mi sembra di non poter vivere, faccio fatica ad alzarmi la mattina perché non trovo motivi per farlo. “E adesso? Che senso ha la mia vita? Come posso andare avanti con questa tristezza infinita?” Inizio a farmi una serie di domande senza risposta…”Perché è successo a me? Cosa ho fatto di male? Non è giusto, non è giusto….” Mi rendo conto che devo vivere una vita diversa da quella che ogni donna incinta si aspetta di fare dopo il parto…”non è così che doveva essere, non è questa la vita che mi aspettavo” mi ripeto tormentandomi ogni giorno, da quando mi sveglio a quando torno a dormire.

 

Me la prendo con il mondo intero, con la vita, soprattutto con Dio…tolgo tutte le immagini sacre dalla casa, non le voglio intorno, non è servito a nulla pregare per mio figlio e non gli servirà adesso. Non sopporto di vedere neonati o donne incinta…le odio e mi ritrovo ad augurare loro di soffrire…poi ho orrore di me, mi sento cattiva per aver avuto quei pensieri, ma non posso controllarli, mi invadono la mente, “perché loro si e io no? Perché il mio bambino non è qui con me e tutte le altre mamme sono fuori a spasso con i loro bimbi?” Mi guardo intorno e vedo solo persone felici, coppie con i loro figli, madri ovunque, sento solo notizie di conoscenti incinte o già sul punto di partorire e ogni volta è una pugnalata al cuore, già tanto malridotto. “Con quale coraggio mi stanno dicendo queste cose? davvero pensano che mi importi qualcosa di queste donne e dei loro bambini? Cosa dovrei dire che sono contenta per loro? Possibile che non capiscano il dolore che questo mi provoca?” Vorrei gridarle queste frasi, ricordando che mio figlio è morto, che se ne è andato per sempre…ma non dico nulla e mi tengo tutto dentro….Mi sembra di impazzire, vorrei smettere di soffrire ma so che non succederà…più passa il tempo più aumenta la consapevolezza di quello che ho perso, non posso farcela, non potrò mai più essere felice, non sorriderò mai più, niente sarà più uguale a prima…il mio dolore aumenta, anche se sembra impossibile. Arrivo persino a pensare che ci sia un solo modo per smettere di soffrire, per fermare la mia disperazione e per riabbracciare mio figlio…Non è la mancanza di coraggio che mi trattiene, ma solo l’amore per mio marito che sta male come me e forse anche di più perchè lui di nostro figlio ha solo quel giorno mentre io ho ben nove mesi da ricordare. Non posso fargli questo, lo distruggerebbe…allora devo continuare a soffrire, non c’è via d’uscita.

Non c’è nessuno che può capire ciò che sento, nessuno può aiutarmi; anche i miei familiari non possono fare nulla, inoltre mi sembra che loro non soffrono per il mio bambino ma solo per me e questo mi fa ancora più male. Sbagliano tutto o almeno così appare ai miei occhi…non è facendo finta che non sia successo nulla che mi aiutano, non è sforzando di sorridermi, non è parlando d’altro che mi fanno piacere; non voglio vedere nessuno, non rispondo al telefono se non al cellulare e solo a chi voglio io, non esco mai di casa, faccio le mie commissioni in orari assurdi, ho timore che qualcuno mi chieda di mio figlio…non riesco ancora a dire che è morto, mi viene da piangere all’istante. Continuo a rivivere quel giorno terribile, continuo a farmi del male pensando che forse se fossi andata in ospedale un giorno prima mio figlio ora sarebbe con me…aggiungo dolore al dolore, ma non riesco a fermarmi.

Le giornate passano una dietro all’altra in modo sempre uguale, senza nessun senso…è quasi passato un mese, fra pochi giorni è il mio compleanno…non voglio pensarci, il mio regalo doveva essere mio figlio, invece lui non è con me. Sono ancora di una tristezza spaventosa, non riesco a pensare al futuro, non riesco a pensare neanche a domani….non vedo prospettive per me e mio marito, la vita mi sembra una lunga strada buia e senza via d’uscita. Non sono mai stata tanto pessimista, non riesco a guardare avanti ma solo al passato, ma poi il ricordo di come ero felice mi fa precipitare in una tristezza ancora più profonda. Cosa fare? Non posso guardare indietro e non riesco a guardare avanti…sono come in un limbo, non so come uscirne, non so da che parte iniziare….per la prima volta in vita mia non so cosa fare, non so dove trovare la forza e lascio che le cose vadano avanti da sole. Il pensiero di una seconda gravidanza inizia a farsi presente in me quasi subito, ma la paura mi attanaglia lo stomaco, mi dico che nella prossima gravidanza le cose saranno diverse. Non lo dirò a nessuno, non ne parlerò, non vorrò conoscere il sesso del nascituro, non sceglierò il nome, non comprerò nulla, non aspetterò di arrivare al termine ma farò il parto programmato…mille ansie, mille incertezze. Capisco che non sono ancora pronta, non fisicamente ma soprattutto psicologicamente.

 Il tempo passa, non si ferma davanti al mio dolore, sono ormai passati più di due mesi. Inizio a voler sapere di più di quello che mi è successo….i medici mi hanno spiegato ma io non sono ancora soddisfatta. L’unico mezzo a mia completa disposizione è internet; inizio la ricerca per trovare qualcosa sulla MEF e quasi subito trovo un forum in cui si discute della perdita di un figlio…non posso crederci, quante mamme come me, quante esperienze simili alla mia! Leggo con avidità quelle storie, porto la mia testimonianza…improvvisamente capisco che non sono più sola, che altre hanno vissuto o stanno vivendo la mia stessa esperienza. La cosa in sé è molto triste, ma allo stesso tempo mi è di conforto….Inizio uno scambio assiduo di mail con una mamma che ha un particolare in comune con me: abbiamo perso i nostri bambini nello stesso giorno. Improvvisamente è come se in me si aprisse una diga e tutto quello che provo e ho provato in questi mesi esce fuori, nero su bianco…scopro che molti miei pensieri e comportamenti sono comuni anche all’altra mamma (non sono pazza!), ci facciamo forza a vicenda, parliamo dei nostri angioletti, ci scambiamo confidenze, dicendo cose che a nessun altro abbiamo mai detto.

Tramite lei approdo a CiaoLapo…l’impatto non è dei migliori e l’homepage mi fa subito stare male, mi fa rivivere quel giorno, non resisto e lascio il sito. Ma mi ha colpito, non c’è dubbio, tant’è che ci ritorno e scopro che c’è una sezione medica aggiornata che leggo avidamente…inoltre c’è appena stato un convegno proprio sulla morte endouterina fetale. Inizio a frequentare il sito e in poco tempo mi registro, lascio la mia testimonianza, inizio a partecipare al forum, prima timidamente poi con una maggior convinzione. La cosa che più mi colpisce è che vengo accolta con un calore del tutto inaspettato da persone che non mi conoscono e che non conosco, mi vengono rivolte quelle parole che nessun altro mi aveva detto; sento che mi capiscono totalmente, che non devo fingere se sto male, che non devo apparire forte se in realtà non mi sento forte. È meraviglioso, posso essere me stessa fino in fondo, nessuno mi giudica, nessuno si aspetta nulla da me. Addirittura mi ritrovo ad accogliere altre mamme, a dare loro il mio sostegno, a non farle sentire sole; è una sensazione bellissima sapere che dall’altra parte qualcuna sta meglio parlando con me….proprio con me, che sino a ieri non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto al mattino!

Imparo molto su me stessa, imparo che devo fare un passo alla volta senza fretta, imparo che il mio dolore è giusto che ci sia, che ci sarà sempre e che sarà un compagno di vita. Ma capisco anche che posso farcela perché altre ce l’hanno fatta prima di me, capisco che è possibile guardare avanti con gioia e speranza, mi accorgo che posso guardare indietro e ricordare tutte le cose belle che mi ha regalato la mia gravidanza. È un percorso lento e graduale, ma ogni giorno mi sembra migliore di quello appena trascorso, sento che man mano il peso che ho sul cuore si alleggerisce, lasciando spazio a qualche timido sorriso…Mi rendo conto di aver fatto enormi passi avanti nel preciso istante in cui pensando a mio figlio sorrido, in cui prendendo in mano il suo vestitino non mi dispero e guardando le mie foto di quando ero incinta e, soprattutto, l’unica foto che ho di lui, mi sento serena…Non mi faccio illusioni, so che ci saranno ancora tanti momenti difficili in cui la tristezza prenderà il sopravvento, ma adesso so da che parte iniziare il percorso per tornare a vivere, so che le altre mamme speciali mi saranno vicine, con la parola o la frase giusta. Tutto questo non significa dimenticare, fingere che non sia successo nulla, ma trovare la giusta collocazione al mio lutto, portando sempre nel mio cuore e nella mia mente quel figlio che è stato con me solo poco tempo. In un certo senso lui è stato solo mio, completamente, totalmente per tutta la sua breve esistenza, e io ne sono orgogliosa. Adesso non temo più che qualcuno mi chieda di lui, sono pronta ad urlarlo al mondo intero che ho un figlio, anche se gli altri non vogliono sentire, anche se per loro la parola “morto” equivale a non vissuto. Sento di poter finalmente pensare ad un’altra gravidanza che cercherò  non appena il mio medico mi dirà che va tutto bene dal punto di vista fisico. So che non sarà altrettanto serena come la prima, ma con il passare del tempo e confrontandomi con le altre mamme speciali mi rendo conto che non potrò impedirmi di legarmi al prossimo bambino, che non potrò comportarmi diversamente da come ho fatto prima perché non sarebbe giusto non dare tutto il mio amore ai figli che verranno, che nulla toglierò all’amore che ho per il mio angelo… Ancora una volta ho fatto un passo in avanti, allontanando paure e stupide scaramanzie che non portano da nessuna parte e hanno solo il risultato di spaventarmi… Solo il tempo potrà aiutarmi in questo, potrà darmi la possibilità di continuare su questa strada con la certezza che non sono sola, che le persone che mi vogliono bene mi staranno vicine e che le mie amiche mamme speciali saranno lì, pronte ad ascoltare ogni mia incertezza ed ogni mia paura cercando di rasserenarmi ogni volta.

 

Sono passati 6 mesi….il tempo sembra essere volato. È strano, i primi mesi dopo la morte di mio figlio il tempo sembrava non trascorrere se non in maniera lentissima, adesso mi sembra che quel terribile 7 gennaio sia così lontano. In alcuni momenti mi sembra che tutto sia accaduto in un’altra vita, mi sento come proiettata indietro nel tempo, a prima che restassi incinta…una sensazione che mi fa sentire quasi estranea ai fatti accaduti. Ma poi ritorno alla realtà e mi basta poco per farlo, pensare a lui, pronunciare il suo nome, toccare la cicatrice che ho sul ventre, leggere le cose che ho scritto per lui e per me in tutti questi mesi…e allora la tristezza riemerge, dilaga nuovamente nel mio animo, mi fa stare ancora tanto male. Non passerà mai? mi pongo questa domanda conoscendo già la risposta, sapendo che il dolore è lì, magari un po’ assopito, comunque  presente. Ma la voglia di andare avanti, di voler vivere fino in fondo la maternità, di voler riprendere quella felicità che mi è stata negata, è tanta e non voglio rinunciarci! Certo, niente e nessuno potrà mai ridarmi mio figlio, ma questo non deve necessariamente significare il mio completo annullamento come persona e come donna; di questo sono consapevole e a distanza di 6 mesi sento che i miei propositi sono ogni giorno più forti e, anche nei momenti i cui piango ancora disperatamente, rimangono saldi nella mia mente e nel mio cuore.

Conclusioni

Non posso andare oltre nel raccontare la mia storia, perché oggi dopo 6 mesi sto iniziando a cercare una seconda gravidanza….ormai mi sento pronta, ne sento un bisogno quasi vitale e quindi per me adesso questa diventa la mia personale “sfida”, in senso figurato ovviamente, il mio obbiettivo, il motivo per andare avanti e riprendere in mano completamente la mia vita. Sarà questo il mio modo di riconciliarmi con lei, ritrovando così dei motivi per sorridere, ma sorridere col cuore e non come risposta a quello che gli altri si aspettano da me, visto che il tempo è passato e la cosa dovrei averla archiviata, a quelli che semplificando un po’ troppo mi dicono che è semplicemente “andata così” e devo andare avanti…..

La breve vita di mio figlio non sarà mai dimenticata, non da me e neppure dalle persone che mi vogliono bene. So che avremo sempre un pensiero per lui, guardando una stella, prendendo in mano un suo oggetto o pronunciando il suo nome e verseremo ancora tante lacrime, ma spero con il cuore pieno di amore per lui, per il nostro angelo, per quel bambino che mai potrà essere scordato perché ha indubbiamente segnato le nostre vite, dolorosamente per certi versi, ma dolcemente per tanti altri. I ricordi della mia gravidanza saranno per me indelebili, perché mai sono stata più felice come in quei nove lunghi mesi, mai potrò scordare come mi sono sentita con lui nel mio grembo e questo non me lo potrà togliere nessuno, neppure il tempo. Ed è questo il grande dono che mi ha fatto mio figlio, quello di darmi una maggiore consapevolezza del senso della vita, quello di farmi capire che ognuno di noi è importante, sia che viva 100 anni o 39 settimane….e quindi grazie amore mio, grazie per esserci stato anche solo per così poco, ti voglio bene e te ne vorrò per sempre.

La tua Mamma

Testo di Raffaella e Salvatore, genitori di Leonardo, estratto da “La tua culla è il mio cuore

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