La visita ginecologica dopo una morte in utero.

by Claudia Ravaldi

di Laura Avagliano

Medico Chirurgo Specialista in Ostetricia e Ginecologia Dottore di Ricerca in Scienza dello Sviluppo Prenatale, Diagnosi e Terapia Fetale. Assegnista di Ricerca presso l’Università degli Studi di Milano, Ospedale San Paolo.

La prima visita ginecologica dopo una perdita fetale è un momento delicato che prevede sia una dettagliata indagine anamnestica sia una valutazione “fisica” della donna.
Esistono molte linee guida internazionali riguardo alle indagini da eseguire in caso di morte endouterina, non esistono invece linee guida che suggeriscano la modalità di approccio alla prima visita. Tuttavia le più avanzate ricerche scientifiche e i vari gruppi di studio concordano su alcuni punti basilari. Vediamo dunque cosa è importante sapere e cosa sarebbe opportuno venisse fatto in sede di visita successiva alla perdita in utero di un bambino.

La visita ginecologica

La visita ginecologica in senso stretto si fa tenendo conto del tempo trascorso dal parto.
Se la prima visita viene eseguita al controllo canonico del 40° giorno, si valuteranno l’apparato genitale e mammario. Se il parto è avvenuto per via vaginale si controlleranno i genitali esterni, osservando la zona dove è stata fatta l’episiotomia, per valutarne la sua corretta adesione e l’avvenuto riassorbimento dei punti di sutura; lo stesso si farà per zone di lacerazione spontanea.
Se invece il parto è avvenuto tramite taglio cesareo, si controllerà la sutura laparotomica per osservare che sia in ordine, con i lembi ben accollati e senza zone arrossate per infezione o ematomi.
Si procederà quindi alla “visita interna” per valutare le caratteristiche della cervice uterina (osservandone la sua ricostituzione) e le caratteristiche del corpo uterino (osservandone la corretta involuzione); si apprezzeranno le ovaie e si cercheranno eventuali punti o zone dolenti.
L’ecografia transvaginale potrà aiutare a valutare la rima endometriale e le caratteristiche ovariche. Se c’è già stato il capo-parto, cioè la prima mestruazione dopo il parto, si eseguirà anche il pap-test.

L’analisi della documentazione relativa alla precedente gravidanza fornita dalla coppia.

Prima di tutto bisogna raccogliere una anamnesi accurata, valutando anche le caratteristiche di salute dei familiari. E’ importante chiedere notizie relative alla salute dei parenti prossimi (nonni, genitori, fratelli e sorelle) di quali malattie soffrono o hanno sofferto (ad esempio ipertensione, diabete, infarto miocardico, ictus, ecc) e quali sono stati i loro esiti riproduttivi (aborti, bambini nati prematuri, bambini nati sottopeso, bambini nati morti). E’ molto importante che la coppia chieda queste informazioni ai propri familiari.
Per quanto riguarda l’anamnesi personale, la coppia deve portare tutto ciò che è in suo possesso: tutti i responsi degli esami del sangue, delle visite, delle ecografie e di qualsiasi altro test (ad esempio eventuali tamponi vaginali, amniocentesi, ecc) vanno riguardati con calma e analizzati uno per uno.
Di fondamentale importanza saranno l’analisi del responso dell’autopsia e dell’esame istologico della placenta. La refertazione dell’autopsia richiede in genere almeno 90 giorni, quindi non sarà ancora disponibile al momento della prima visita ginecologica, se questa viene eseguita a 40 giorni dal parto, sarà quindi necessario rivedersi in seguito, per valutare insieme l’esito dell’esame.
Bisogna inoltre leggere tutta la cartella clinica e valutare quali esami sono già stati fatti durante il ricovero.
(Vorrei aprire una rapida partentesi a proposito della cartella clinica ricordando che ne va sempre richiesta una copia: la lettera di dimissione infatti non può essere considerata sufficiente ed esaustiva perché rappresenta solo un riassunto dei giorni di ricovero e può mancare l’andamento completo di alcuni esami).
Se ci sono state altre gravidanze precedenti, è bene portare tutta la loro documentazione, per poter confrontare l’andamento rispetto alla gravidanza appena terminata.
Anche gli esami fatti fuori gravidanza possono essere utili, quindi va portato qualsiasi test eseguito in passato da entrambi i genitori.

Se la documentazione è cospicua, non sempre sarà possibile arrivare a delle conclusioni al momento stesso della prima visita, ma il ginecologo si prenderà qualche giorno per analizzare con attenzione, scrupolo e rigore tutto ciò che è stato fornito dalla coppia.

Alla luce di quanto emerge dai documenti, potranno essere prescritti altri esami.
Ricordiamo infatti che non tutti gli esami del sangue possono essere effettuati durante il ricovero, perché alcuni possono essere falsati dagli ormoni gravidici e vanno quindi eseguiti almeno 6 settimane dopo il parto. Gli esami da richiedere potranno inoltre dipendere dagli esiti degli esami precedentemente eseguiti e quindi ogni coppia potrà avere esami personali da effettuare, diversi da quelli richiesti ad altri genitori. Per fare un esempio pratico, l’esito dell’esame anatomo-patologico della placenta potrà suggerire delle specifiche malattie per le quali la coppia verrà sottoposta a test di approfondimento, oppure l’autopsia rivelerà delle malformazioni sindromiche non precedentemente visibili all’ecografia, che richiederanno eventualmente l’esecuzione di indagini genetiche e un colloquio con lo specialista per il calcolo del rischio di ripetizione.
La prima visita ginecologica dopo una perdita fetale, quindi, non è un momento di arrivo, ma è l’inizio di un percorso.
Bisogna essere consapevoli che non sarà un percorso “brevissimo”: alcuni approfondimenti (come ad esempio l’autopsia) hanno tempistiche lunghe; determinati esami ematochimici devono essere ripetuti più di una volta per essere diagnostici; infine può capitare che sia necessario richiedere la rilettura dei preparati istologici da parte di esperti in medicina perinatale. Non sempre purtroppo si arriva a trovare la causa della morte del bimbo, ma vale sempre la pena di impegnarsi a cercarla, con pazienza e determinazione.

La prima visita ginecologica dopo una perdita fetale scandirà quindi i passi di un cammino da fare insieme,cammino che ci porterà ad indagare a fondo per cercare di capire le cause della morte del bambino, cammino che ci porterà a cercare patologie nei genitori e, eventualmente, a curarle, infine, cammino che ci porterà ad avere delle indicazioni per guardare con serenità al futuro e per avere idee concrete su come seguire al meglio le successive gravidanze.

 

 

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