3 Marzo: Giornata Mondiale dei Difetti Congeniti

by Claudia Ravaldi

Oggi è la giornata mondiale dei difetti congeniti dello sviluppo (World Birth Defects Day): questa giornata è dedicata alla ricerca e alla prevenzione, ma anche a tutte le famiglie e ai bambini colpiti. E’ dunque una preziosa occasione per fare sensibilizzazione su queste problematiche, molto più diffuse di quanto sembra e molto poco conosciute o approfondite, a volte persino dagli operatori sanitari. I difetti congeniti sono infatti molti, con diverse caratteristiche e diversi livelli di gravità e/o morbilità. Alcuni di essi sono curabili, altri sono incompatibili con la vita. 

 

Negli ultimi anni marchofdimes sta svolgendo un ottimo lavoro di sensibilizzazione anche sui difetti congeniti, oltre che sulla prematurità. Ricevere una diagnosi di questo tipo è un evento di vita destabilizzante, che richiederebbe di per sè una giusta cura e un adeguato accompagnamento alla coppia. Questo accade raramente nel nostro paese, per una serie di ragioni, anche di tipo culturale (leggi l’articolo di CiaoLapo).

Ricordo bene quel giorno di novembre del 2005, in cui a fronte di un sospetto ecografico di trisomia 21 dovuto ad un bacinetto renale dilatato di mio figlio Lapo, i colleghi insistettero per ore per due giorni di fila, per fare l’amniocentesi. Quello che fino a cinque minuti prima era il mio secondo bambino Lapo diventava “il sospetto down”, da diagnosticare subito. Il mio bambino, per timore della patologia, diventava qualcosaltro, un probabile caso da investigare per “decidere”. Nessuno che abbia pensato a come dircelo, a me e a mio marito, quel sospetto, o ci abbia dato la possibilità di scegliere se approfondire o no. In quell’occasione hanno avuto paura del mio bambino, “forse” malato. Se ci avessero chiesto, avrebbero capito che in assenza di incompatibilità con la vita non ci interessava esplorare e bucare la pancia. Era il nostro bambino, rimaneva il nostro bambino, e alla fine, quando è morto a termine per trombosi del cordone, si è scoperto che non era affatto “down”. E abbiamo scoperto che anche il nato morto, come il bambino con difetti congeniti, fa molta paura. Travolge l’uomo nelle sue certezze fondamentali. Accade ancora oggi, accade molto spesso. Che la paura evocata da una diagnosi infausta contagi prima l’operatore e la cerchia dei familiari e degli amici che i genitori stessi, scissi tra il dolore, l’incredulità e l’istinto di proteggere se stessi e i loro bambini. In dieci anni di lavoro con CiaoLapo ho conosciuto tanti genitori di bambini morti. Alcuni, come il mio, per problematiche materne, altri, come Ania, come Riccardo, come Sofia, per problematiche fetali. Incredibile come, passati i primi momenti di paura, smarrimento, rifiuto, angoscia, dolore, tutti quei bambini per i loro genitori tornino ad essere autenticamente ciò che sono, e cioè i loro bambini, anche se sono morti. Amati incondizionatamente, a volte, trattenuti, a volte lasciati andare. Ma sempre bambini degni di rispetto. Invece.

Invece, il bambino con patologia fetale è un bambino scomodo. Si preferirebbe che non ci fosse. Si preferirebbe che tutti i difetti del mondo cessassero di esserci, si estinguessero, per farci stare sereni. Si preferirebbe che i genitori non raccontassero le loro storie, che fanno così paura. Si preferirebbe che noi donne tacessimo, noi e le nostre gravidanze complicate, noi e i nostri figli con problemi guariibili o inguaribili. Si preferirebbe la coltre dell’ignoranza al potere della conoscenza. Quelle frasi meschine “capita rarissimamente” “non ricapiterà” “ci sono casi in famiglia? Non sapevate che era ereditario?” amputano spesso le possibilità di approfondire e di capire, di conoscere e quindi di decidere al meglio. E spesso, tutto questo avviene per pigrizia e per paura. Piccoli esserini compìti di 500 grammi fanno paura perchè hanno un “difetto congenito”. Anche nel 2016. 

Il bambino che presenta patologia fetale è un bambino destinato a “smuovere” le nostre coscienze nel profondo. Un bambino di cui, dopo la diagnosi, si finisce per sapere molto poco, a parte il nome della patologia e l’entità del suo problema. Non è infrequente che nei centri specializzati dopo la diagnosi i genitori non possano più guardare il monitor. Non è infrequente, dopo la diagnosi, che il bambino, chiamato con il suo nome fino a poche settimane prima, diventi “il feto”. Quanto dolore dietro a queste omissioni. Quanti danni, fanno queste omissioni, quando non sono congrue con il progetto dei genitori. 

La paura ancestrale per le malformazioni fetali accompagna da sempre le gravidanze: questo era vero soprattutto quando non c’era possibilità di conoscere la salute del bambino prima della nascita, e comunque non c’erano i mezzi tecnici per soccorrere i neonati malati. Questo è vero ancora oggi, nei paesi poverissimi dove le donne non hanno accesso alle cure minime. Nel nostro paese, è possibile monitorare la gravidanza e sapere in tempi molto brevi se il nostro bambino presenta patologie cromosomiche o organiche. Siamo abbastanza veloci a fare diagnosi, e per molte problematiche sono possibili delle cure, non solo palliative. Il progresso tecnico della scienza tuttavia non è andato di pari passo col progresso psicologico e relazionale: gli aspetti psicologici, psicosociali, culturali e relazionali intrinseci ad una diagnosi difficile sono ancora tutti da riconoscere e da affrontare. A partire dalle conoscenze minime su cosa provoca nei genitori e nelle famiglie colpite una diagnosi di questo tipo e su cosa accade dopo un’interruzione terapeutica di gravidanza. 

Riassumendo:

I difetti congeniti sono un problema di salute pubblica globale, con importanti implicazioni relative alla conoscenza, alla prevenzione quando possibile e alla cura dei bambini.  Ogni anno in tutto il mondo quasi otto milioni di neonati nascono con un difetto congenito, soprattutto nei paesi a basso sviluppo economico. In Italia il numero di bambini che presentano difetti congeniti è di circa 25.000 ogni anno, 480 alla settimana. Un problema molto importante non solo per l’elevato numero di bambini affetti, ma anche per l’effetto che una diagnosi di patologia fetale comporta nei genitori. Problema che conosciamo bene nella nostra associazione, e di cui ci occupiamo offrendo sostegno alle famiglie, indipendentemente dalla decisione che segue la diagnosi, indipendentemente che sia una diagnosi di incompatibilità con la vita, indipendentemente dalla decisione di interrompere o meno la gravidanza. 

Ci occupiamo di tutela della salute madre bambino fin da prima del concepimento, perchè sappiamo come le basi di una gravidanza salutare precedano di molti mesi l’inizio della gravidanza. Sappiamo che nelle famiglie in cui è stato diagnosticato un difetto congenito l’ansia diviene compagna fedele in tutte le gravidanze successive, e sappiamo come un accompagnamento attento e una corretta elaborazione del lutto, potrebbero ridurre l’ansia e permettere di vivere una gravidanza più serena e più fiduciosa. Tutto ciò è reso assai difficile dal tabù del bambino affetto da patologia, unito al tabù del bambino nato morto. Due condizioni che nel nostro paese sono ancora culturalmente poco accettate.

I difetti congeniti comprendono sia le alterazioni cromosomiche che le malformazioni di singoli organi (soprattutto il cuore, e il tubo neurale) o apparati. Una piccola parte di bambini presenta un quadro polimalformativo, spesso incompatibile con la vita extrauterina. Ad ogni bambino e ad ogni famiglia dovrebbe essere garantita la migliore cura possibile, senza accanimenti di sorta, senza sofferenze aggiuntive, nè fisiche nè psicologiche. Informazioni corrette, personale empatico e non giudicante. Nè nei confronti della malattia presentata, per quanto spaventosa e destruente, nè nei confronti della decisione presa, sia quella di portare avanti la gravidanza, sia quella di interromperla.

Lavoriamo da anni per la corretta comunicazione degli eventi avversi in gravidanza, comprese le diagnosi di patologia, e per l’accompagnamento efficace alle scelte possibili. Lavoriamo anche sul fronte della prevenzione, ogni volta che si può.

In particolare, dagli ultimi dati emerge nuovamente una conferma: una discreta percentuale di difetti congeniti, quelli relativi al tubo neurale, potrebbe essere evitata grazie all’utilizzo dell’acido folico, come correttamente riporta oggi Quotidiano Sanità: “Ogni anno in Italia nascono circa 450 bambini con difetti del tubo neurale (anencefalia, spina bifida, encefalocele). Assumendo acido folico prima del concepimento e fino alla fine del 3° mese di gravidanza, questo numero sarebbe dimezzato.”.

L’impegno per contrastare i difetti congeniti è condiviso da molte organizzazioni a livello internazionale. La International Clearinghouse for Birth Defects Surveillance and Research (ICBDSR) è un’organizzazione non profit affiliata al WHO che collega programmi di sorveglianza e ricerca da tutto il mondo, per investigare e prevenire i difetti congeniti e diminuire l’impatto delle loro conseguenze. Anche i Centers for Disease Control and Prevention statunitensi stanno dedicando particolare attenzione a questo grande problema di salute pubblica e hanno avviato il programma Birth Defects COUNT (Countries and Organizations United for Neural Tube Defects Prevention

CiaoLapo oggi più di sempre rivolge il suo pensiero alle stelle cadenti e ai loro genitori. E al coraggio che ci vuole, nel nostro paese, per raccontare le nostre storie e quelle dei nostri bambini con dignità e fermezza, nonostante i molti tabù. #CiaoTabù è una promessa. Per tutti noi.

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