Accanto alle madri. A tutte le madri

by Claudia Ravaldi

L’importanza del sostegno al parto e al puerperio delle madri colpite da lutto perinatale nelle parole di una donna, medico e madre, che condivide con noi la sua recente esperienza di accompagnamento, ricordando l’importanza del qui ed ora, dell’assistenza personalizzata alla donna e alla coppia e di quanto sia importante offrire un tempo di riflessione e uno spazio protetto per consentire alle famiglie di iniziare a elaborare il loro devastante dolore.

 

Sono una collega anestesista e nel mio lavoro mi occupo prevalentemente di ostetricia e di analgesia ostetrica, per questo motivo mi trovo spesso ad avere a che fare con l’evento nascita ma anche con l’evento morte fetale e/o embrionale.

Vorrei condividere con voi una recente esperienza… Mi è successo ancora una volta di assistere una donna con morte endouterina fetale alla 35 settimana di gestazione, una di quelle vicende che ogni volta che ti capita di incontrare ti sconvolgono l’anima e ti segnano per sempre. 

L’evento dei giorni scorsi, mi ha fatto tanto riflettere ed ho pensato così di condividere i miei pensieri con qualcuno… Mi trovavo al cospetto di questa sfortunata mamma, per ridurre il suo dolore, almeno quello fisico, il dolore di un parto che non si sarebbe concluso gioiosamente come al solito.

Facevo parte di un’equipe, che nonostante l’esperienza era letteralmente terrorizzata da ciò che stava per succedere.

Poco prima del parto, con grande sconcerto dei presenti, la mamma ha espresso il desiderio di vedere la bambina che da li a poco avrebbe messo al mondo.

L’aria si è fatta di piombo, si sentiva vociferare frasi del tipo “Mio Dio, ma pensa tu che ricordo le rimarrebbe se la vedesse!”, e ancora, “un’immagine che non si toglierebbe più dalla mente…”.

A quel punto ho sentito di dover intervenire è stato un impulso che non avrei potuto trattenere, ho iniziato a dire ai presenti che oltre che lecito sarebbe stata la cosa più sana che i genitori potessero fare e che non c’era nessun buon motivo per togliersi dalla memoria quel visino e quel corpicino cullato con tanto amore per 35 settimane nel ventre materno, e che per guardare avanti, entrambi, mamma e papà avevano proprio bisogno di questa tappa, accettare la triste sorte della loro bimba, coccolarla ancora un pochino e salutarla… per sempre, appena si fossero sentiti pronti a farlo. Il travaglio è andato avanti veloce e senza complicanze P. è stata bravissima ed il papà è stato tutto il tempo con lei. Quando Sole è nata era strettamente avvolta in un lunghissimo funicolo ombelicale, troppo lungo, e che durante i suoi movimenti aveva fatto un brutto nodo vero che si è stretto sempre di più, fino ad esserle fatale.

Era una bambina bellissima, perfetta, sembrava che dormisse serena, l’ho avvolta con un telino esattamente come si fa con tutti i neonati, e l’ho portata alla mamma che con incommensurabile amore l’ha accolta fra le braccia, riempita di baci, stretta, osservata, studiata e analizzata nei dettagli.

Tutto questo con grande tristezza ma palpabile e crescente serenità. Ho pianto con loro, senza vergogna e dimenticandomi del mio ruolo istituzionale e soprattutto incurante del giudizio  che gli altri presenti potessero esprimere su di me in quel momento, e questo mi ha fatto sentire libera e leggera come poche volte prima di allora. Anche il papà piano piano dopo lo sfogo iniziale l’ha presa in braccio, ha pianto su di lei mentre la riempiva di baci. La mamma ha chiesto che facessimo una foto alla bimba, mentre la teneva in braccio, per non dimenticarla.

Queste sono le parole che ho buttato giù in quei momenti: “…. è passata più di un’ora dal parto e Sole è ancora fra le braccia dei suoi genitori, io sono nella stanza a fianco e mentre scrivo (per paura di dimenticare e di veder sbiadire nel tempo queste sensazioni e questi momenti, in quell’automatico meccanismo del distacco che spesso permette a noi medici di voltare pagina e andare velocemente avanti) piango come una fontana, ma sto bene, sento per la prima volta di aver vinto la paura della morte e sento di essere stata un buon sostegno per questi due genitori. E’ stata un’esperienza incredibile, che non dimenticherò mai…”.

Dopo essermi ricomposta e aver impulsivamente buttato giù queste righe, sono tornata da P. che nel frattempo aveva lasciato andare la sua bimba, anche il marito si era fatto coraggio e con estrema dignità aveva ringraziato tutti per il sostegno ed era andato a casa ad occuparsi del loro bimbo più grande che attendeva ignaro il ritorno dei suoi cari…  Lei, la mamma, da sola nella sua stanza con il telefonino in mano che con un triste, ma dolce sorriso sulle labbra guardava la foto della sua bambina, l’unico ricordo tangibile di quella figlia portata in grembo per 35 lunghe settimane. Le chiedo come stia, se abbia dolore, quello fisico intendo… e le spiego che è solo per quello che potrei eventualmente fare qualcosa, lei mi sorride e mi dice “Non so se ora crollerò, ma aveva proprio ragione Dottoressa, ho fatto proprio bene a volerla vedere, a volerla abbracciare la mia bambina… e spero tanto di tornare qui un domani e di trovare ancora lei, per un’altra analgesia di parto, la prossima volta con un lieto fine però!”.

Ci siamo abbracciate fortissimo e abbiamo pianto ancora una volta insieme… Alla fine di questa lunga giornata di lavoro torno a casa con gli occhi gonfi per le lacrime versate…ma il cuore…anche lui è gonfio, pieno, non so di cosa ma è bello, è una sensazione di leggerezza è come se avessi la certezza di aver contribuito a qualcosa di positivo. Spero di essermi presa cura non solo del dolore fisico di P., come la mia professione mi impone, ma forse anche del suo dolore più grande… forse gli ho dato consistenza e dignità, e questo mi completa come medico ma soprattutto come persona, come donna e come mamma che ha ben sei angioletti in cielo che in questo momento sorridono.

You may also like