Perdere un bambino durante l’epidemia di Coronavirus. Quello che ancora si può fare

by Claudia Ravaldi

L’epidemia di COVID-19 e l’assistenza possibile al lutto perinatale.

Da qualche settimana l’epidemia di COVID-19 sta travolgendo anche la nostra nazione mettendo a dura prova le nostre aziende ospedaliere e gli operatori sanitari. Tutti gli sforzi sono al momento concentrati nella gestione dell’epidemia e dei malati che necessitano di cure intensive; questi sforzi si sommano a tutto ciò che è “normale amministrazione” nella quotidianità lavorativa dei medici e degli operatori sanitari.

Nei nostri ospedali gli operatori attualmente svolgono un doppio lavoro: si occupano dei loro pazienti e si occupano dell’emergenza Coronavirus, mettendo in atto tutte le strategie per ridurre al minimo il contagio e occupandosi di individuare tempestivamente e trattare nel modo più opportuno i soggetti affetti.

Questo lavoro è possibile solo grazie ad un’organizzazione molto capillare e molto rigida degli spazi, dei tempi e dei modi di accesso alle strutture.

In particolare nelle aziende ospedaliere, per ridurre il rischio di contagio, è consentito l’accesso soltanto ai pazienti e non agli accompagnatori.

Se questa regola, perfettamente logica e condivisibile, è comprensibile quando si tratta di una visita di routine, qualche problema in più insorge nel momento in cui dobbiamo affrontare una cattiva notizia, una situazione complicata o un lutto. 

Mentre il Coronavirus imperversa e catalizza l’attenzione di tutti, infatti, tutto quello che succedeva prima continua ad accadere: in queste ore, mentre scrivo, ci sono donne che vengono ricoverate in patologia ostetrica per una complicanza insorta durante la gravidanza, nascono bambini prematuri che necessitano di cure intensive, si diagnosticano patologie fetali e ci sono i bambini che muoiono in utero.

Tutto questo sta succedendo, nascosto dal Coronavirus. Tutto questo accade in un clima surreale, fatto di distanze, silenzi, mascherine, paure e divieti.

Le donne che affrontano queste avversità oggi sono chiamate ad affrontarle più o meno da sole.

Anche gli operatori sanitari che le affiancano si trovano sostanzialmente soli, più soli di sempre, perché il Coronavirus ha messo in isolamento molti colleghi, ha spostato vari operatori nei reparti ad alta intensità e aumentato la mole di lavoro dei singoli.

Gli operatori sanitari che assistono le donne con gravidanze a rischio o eventi ostetrici e neonatali avversi, in questi giorni complessi, sono chiamati a prestare la loro normale assistenza di routine, a manifestare comunque un’umana vicinanza, e in un certo qual modo anche “farsi famiglia” per quelle stesse madri, perché sono soli con loro, in quel momento cruciale. 

Oltre a questo, gli operatori devono anche poter essere ponti e offrire un minimo di sostegno a distanza ai padri e agli altri familiari costretti ad aspettare fuori eppure bisognosi di ricevere informazioni corrette e comunicazioni appropriate.

In questa situazione così particolare, tutti i soggetti (curanti e curati) sono colpiti simultaneamente da più di un trauma.

Occorre tenere a mente che quando ci sono più traumi in contemporanea o in stretta sequenza è più difficile mantenere una salda ed efficace relazione d’aiuto è più difficile prendere decisioni è più difficile fidarsi ed affidarsi. Si sfiora spesso la soglia del panico, e sappiamo bene che il panico è una situazione nella quale le persone perdono il controllo e sono in balia degli eventi.

È davvero molto importante, per le famiglie che in questi giorni affrontano la patologia o la perdita del loro bambino e per gli operatori che prestano assistenza poter procedere in questa situazione travagliata un passo alla volta, prendendo le migliori decisioni possibili, considerando il momento storico particolare che va a appesantire una situazione già scioccante come quella del lutto anticipatorio in caso di patologia ostetrica o nascita prematura o di un lutto conclamato, in caso di morte perinatale.

La morte di un bambino atteso, il dolore delle donne e dei partner non è mai un evento neutro per gli operatori. Inseriti in questo contesto di trincea, questi lutti possono rappresentare la goccia che fa traboccare il vaso, e dare filo da torcere all’operatore che vuole fare bene il suo lavoro.

Ecco quindi un agile elenco di quelle che sono le aree ritenute più importanti per una buona assistenza al lutto perinatale e agli eventi perinatali avversi, corredato da piccoli chiarimenti esemplificativi (uno per ogni macroarea, ce ne sono molti altri che potete approfondire nel nostro testo disponibile gratuitamente su Amazon da domattina):

  • Rispetto della coppia e del bambino: è vero, c’è l’emergenza Coronavirus, ma per quella specifica donna che stiamo assistendo la perdita del suo bambino di 15 settimane è qualcosa di estremamente più grande e traumatico. Occorre rispetto per il vissuto degli altri. Sempre.
  • Comunicazione e informazione: è vero, ci sono delle regole rigidissime a causa dell’epidemia, e occorre rispettarle ma occorre anche tenere presente che durante un trauma perinatale è fondamentale comunicare con la coppia. Nulla ci vieta di attivare le videochiamate in modo da coinvolgere nelle comunicazioni e nelle informazioni anche il partner o il familiare che aspetta fuori.
  • Gestione della più opportuna modalità di parto e accompagnamento al parto: l’assistenza uno ad uno può fare la differenza in questo momento distopico. Più è alto il livello di angoscia e di dolore, più è di conforto la permanenza continuativa di una specifica persona di fiducia. In tutto questo caos, avere un ricordo non traumatico del proprio parto favorisce non solo l’elaborazione del lutto ma la resilienza.
  • Ricovero – Permanenza in ospedale: un ricovero lungo significa più solitudine e più divieti da fare rispettare: è difficile, è alienante, ma mantenere un piccolo contatto umano e coltivare una minima relazione d’aiuto con le pazienti offre loro la possibilità di sentirsi parte di un gruppo di persone unite per affrontare un’emergenza, insieme, e non un banale posto letto occupato.
  • Creazione di ricordi: in questo momento sono vietati i funerali e tutti gli assembramenti di persone. I cimiteri sono chiusi. Questo vuol dire che  le famiglie colpite da lutto perinatale, per le quali il rito funebre è spesso l’unico ed ultimo momento di vicinanza e di saluto del bambino, saranno private di questa opportunità per un po’ di tempo. Private dell’ultimo saluto. È ovvio che venendo meno questa opportunità, la raccolta dei ricordi dopo il parto assume un ruolo di primaria importanza, e occorre farla al meglio.
  • Assistenza dopo la dimissione: in questo momento non è possibile programmare visite di controllo e incontri se non strettamente necessari. Diventa quindi fondamentale essere dimessi dall’ospedale con tutte le informazioni scritte sul puerperio e il suo decorso fisiologico e sugli aspetti psicologici del lutto perinatale; diventa fondamentale avere un numero di telefono del reparto dove si è stati ricoverati da chiamare in caso di richieste e chiarimenti. Può essere molto importante, come già avviene in alcuni ospedali che collaborano con noi, avere un percorso ben identificato in modo che la donna non sia mai lasciata sola ma sappia di essere inserita in un programma chiaro ed organizzato.

Anche noi di CiaoLapo facciamo la nostra parte, mettendo a disposizione gratuitamente i nostri libri per i genitori qui sul nostro sito internet bnell’area documenti e il nostro libro per gli operatori su Amazon.

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