La care dei genitori di un bambino gravemente prematuro

by Claudia Ravaldi

Francesco è nato di 31 settimane +1. Pesava circa 900 grammi.

È stato immediatamente ricoverato in rianimazione neonatale (in TIN non c’era posto).

Potevamo vederlo solo un’ora al giorno, dalle 17 alle 18. Al mattino presto potevamo fare una telefonata x sapere come aveva passato la notte. Tutto qui. Lì abbiamo vissuto una situazione schizofrenica: una dottoressa (che ho scotomizzato) una volta comunicata la diagnosi mi disse “Cosa piange, signora? Guardi che chiamo la psicologa!”..come se fosse una minaccia.

E poco dopo sempre lei: “Non c’è niente da fare, aspettiamo che muoia”. Sic!

Dall’altro lato, altro personale che invece con calma e dolcezza ci ha spiegato cosa si poteva fare e infermiere che gli hanno fatto da madrine quando abbiamo deciso di battezzarlo.

Il cardiochirurgo ha costruito per lui tutta la strumentazione della misura giusta “Se volete ci provo, ho già fatto un intervento per una malformazione come la sua (un caso su un milione ho studiato a posteriori), solo che quel bambino pesava 2 kg, mi servono due giorni per procurarmi strumenti più piccoli per Francesco”.

Così…una montagna russa x ogni minuto trascorso in quei giorni.

È stato operato. 

Aveva 10 giorni.

Lo abbiamo rivisto in rianimazione cardiochirurgica. 

La sua culletta piccola accanto ad adulti in coma.

Lì attorno a lui c’è stato tutto l’amore possibile. In realtà anche x noi. Nonostante potessimo entrare un’oretta al pomeriggio. 

Poi la telefonata (eravamo appena tornati a casa, ero seduta sul divano di mia sorella, lo avevamo lasciato circa un’ora prima)…quella voce che dice “Signora N…” non mi si toglierà mai più dalle orecchie.

 

Purtroppo lì nessuno era preparato ad assisterci come si deve. 

Lo hanno rianimato a cuore aperto. Arrivati di corsa ci hanno fatto attendere fuori, dovevano “ricomporre la salma”.

Era pulito, piccolo, perfetto finalmente senza fili o tubi, arrotolato in un lenzuolo bianco da cui spuntava solo la faccina bluastra. 

L’ho accarezzato e baciato. 

NON L’HO PRESO IN BRACCIO.

Non sapevo che potevo farlo. Nessuno mi ha detto che si poteva. Io non lo immaginavo neppure che avrei potuto farlo.

Io lì non capivo nulla. 

 

L’assistenza post lutto non è esistita.

Non contemplata. Non pervenuta.

Abbiamo fatto tutto noi.

Per noi il tutto lo ha fatto CiaoLapo.

La mia rinascita è cominciata da lì.

 

Essere la mamma di un prematuro, essere una pre-mamma, non è per niente facile. Non lo è quando “alla fine” va “comunque” tutto bene. Non lo è quando “alla fine” resta la “fine”, perchè il tuo bimbo muore. 

Quando muore un bambino atteso, non importa quanto pesi, non importa quanto sia malato, non importa quante settimane di vita intrauterina abbia vissuto, se tante, se poche, se pretermine o a termine.

Quando muore un bambino che passa dalla pancia alla terra, sarebbe importante pensare al dono di poterlo dare in braccio ai genitori, almeno una volta. Almeno per un pò.

Ci vogliono i riti, dice la volpe al Piccolo Principe.

Ci vogliono i riti, dicono le madri in lutto.

Grazie Ilaria, per la condivisione.

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